Anatomia di un omicidio, le due mosse che sono costate una qualificazione
Microanalisi sulla sconfitta di martedì, una gara che impone pesanti interrogativi sul futuro della squadra
A due giorni di distanza dalla peggior gara stagionale la rabbia intorno all’ambiente Juve non è ancora stata smaltita, la partita di martedì sera ha acuito il malcontento latente e malcelato che una buona parte di tifoseria covava nei confronti di squadra e allenatore, solo parzialmente mascherata dalla grande prova casalinga contro l’Atletico Madrid. Come un novello Poirot ho utilizzato queste 48 ore per riflettere sulle cause di una sconfitta che va ben oltre il punteggio, tentando di razionalizzare una prova dai due volti, quindi difficilmente catalogabile.
-Il sostituto di Dybala: per quanto la gara dell’argentino non sia stata scintillante, il suo contributo nella cucitura dei reparti e nel consolidamento del possesso é risultato fondamentale nel primo tempo per permettere alla Juventus di mantenere un baricentro alto, secondo il piano gara voluto da Allegri. Quest’anno la squadra sembra endemicamente predisposta ad un possesso lento e perimetrale, con conseguente sviluppo in un crossing game facilmente intellegibile dalle squadre avversarie. Gli unici vagiti di calcio verticale sono arrivati dai piedi di Dybala e, con meno costanza, di Bernardeschi. Quando il nostro numero 10 é stato costretto al cambio dopo uno scontro di gioco fortuito il mister ha preferito non variare assetto di gioco inserendo al suo posto Kean, che nelle sue idee avrebbe garantito un migliore attacco della profondità permettendo alla squadra di giocare più bassa. Mai decisione si è rivelata più erronea: il giovane italiano ha toccato pochissimi palloni, non intendendosi quasi mai con CR7, e la manovra della Juventus è risultata subito lenta e farraginosa, la risalita dal basso mai efficace con conseguente dominio dello campo e del pallone da parte dell’Ajax. A posteriori la scarsa capacità del mister di capire le esigenze dell squadra ci é costata un intero tempo di gioco che ha legittimato il passaggio del turno da parte dei lancieri.
-Smarcanento, questo sconosciuto: l’immagine chiara ed esemplificativa degli imbarazzi della Juventus in possesso é arrivata da De Sciglio. Già al 55’, sul risultato di 1-1, il terzino italiano si trova a dover scaraventare il pallone alla cieca perché nessun compagno gli viene incontro per proporgli una linea di passaggio (pessimo il contributo di Bernardeschi); una situazione che si ripete pedissequamente per tutto il secondo tempo e che all’80’ fa trasalire Beppe Bergomi in cronaca. Com’é possibile che una grande squadra in una situazione così disperata si muova così poco senza palla? La triste verità è che in un calcio delegato come quello allegriano non si possono pretendere sincronismi e movimenti con e senza palla che vanno affinati fino a divenire automatismi. A fare da contraltare l’ajax ha dato sfoggio di grande padronanza del possesso e di una capacità invidiabile di costruire triangoli in ogni zona del campo, interscambiando continuamente le posizioni e rendendo la loro manovra inarrestabile per una squadra piatta e pigra come la Juventus formato 2019.
Conclusioni: mai come martedì la Juventus ha dato l’idea di esasperazione di fronte al tatticismo imposto dal suo mister e di impreparazione tecnica, tattica e fisica davanti ad un avversario che si é presentato con una proposta di gioco fresca ed ambiziosa. Il calcio sparagnino di Allegri si dimostrato una volta di più inefficace ad altissimi livelli, sarebbe delittuoso non tenere conto della breccia culturale aperta in Italia da Maurizio Sarri 4 anni fa: anche in serie A é possibile coniugare piazzamenti importanti con un’idea di calcio propositivo. Solo chi surretizialmente non tiene conto del divario imposto dalla Juventus alle contendenti italiane può pensare che un’offerta di gioco migliore si traduca in scarsi risultati.
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