Cosa ci lascia Juventus-Verona (e il derby di Milano)
Il compito arduo di Sarri, la grande solidità dell'Inter di Conte
- Una vittoria, che fa pur sempre notizia dopo due pareggi seppur diversissimi tra di loro. Una vittoria bruttina, sofferta. Che vale comunque 3 punti, in un mese complicato come Settembre per un allenatore che è chiamato a ricostruire un ciclo (vincente) con risultati e principi di gioco differenti. In questa partita però la Juve ha fatto un passo indietro nel gioco (male in tutta la prima fase e un finale con delle distrazioni davvero imperdonabili) lasciando qualche inquietudine di troppo nella prestazione di molti singoli come Bentancur, Demiral, Danilo (che a mio modesto giudizio aveva fatto una signora partita a Madrid). Nell'esultanza di Sarri al triplice fischio finale ho visto un uomo sollevato, un uomo che sa di averla sfangata. E che sa perfettamente che alla resa dei conti finale, quella di Maggio, questi tre punti di questa sua Juve evidentemente ancora non pronta per fare ogni partita allo stesso livello di intensità (e ci mancherebbe altro) e concentrazione (molto meno accettabile, soprattutto per chi dovrebbe mettere dei tarli in testa all'allenatore e rubare un posto da titolare), varranno oro.
- Una squadra che fa ancora fatica a difendersi attaccando, a tenere alto il raggio del proprio calcio e dare pressione continuativa ai portatori di palla avversaria. In questa fase c'è da turarsi il naso per un controllo di palla sbagliato o un tiro sbilenco di Matuidi, ma c'è da apprezzare il fatto che nonostante sia stato al centro del mercato per 3 mesi, l'apporto alla causa è di primissimo livello. Un motorino di cui oggi la Juve non può fare a meno, visto la fatica che sta facendo Rabiot ad inserirsi. Una sorta di Allan bianconero.
- L'apporto di un giocatore come Ramsey, ancora non ordinatissimo e brillantissimo fisicamente. La sua partita dura 60 minuti esatti. Ma le doti di inserimento sul suo gol fatto (sfruttando una fortunata deviazione) e gli scambi stretti con Ronaldo e Dybala fanno capire l'evelato tasso tecnico del gallese che crescendo di condizione farà fare un salto di qualità importante a tutta la manovra offensiva bianconera.
- Infine la vittoria di una squadra che di punti ne perderà pochi, l'Inter di Conte. In una fase diversissima rispetto al nostro ciclo. L'allenatore salentino ha il compito più difficile nel dover tenere a bada le scorribande di un ambiente spesso votato all'autodistruzione, alla compiaciuta pazzia. Ma più facile, per molti versi, quello che dovrà fare sul campo di gioco. All'Inter oggi non è ancora arrivato il momento di avere la puzza sotto il naso, servono i punti senza fronzoli. All'Inter serve più che mai l'affermazione in Italia. E il calcio di Conte, che ormai è sempre meno quello dell'incredibile scudetto 11/12 e sempre più quello dogmatico del 352, dei 102 punti della stagione 13/14, in Italia funziona eccome. Meno spettacolare, solido. Pochi rischi e grande applicazione. All'Inter oggi questo basta ed avanza. Ed è giusto che sia così. Dall'altra parte stasera c'era una squadra che invece appare in totale confusione di idee, in campo e fuori. Apprezzo molto Marco Giampaolo ma il suo Milan oggi non è nè carne nè pesce. Con tanti giocatori che sono e rimarranno sempre un eterno vorrei ma non posso (penso in primis a Suso ma anche a Calhanoglu). Raramente ho visto un derby di Milano con una delle due squadre giocare in modo così piatto.
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