Identity as a service e la meta-narrazione juventina
Analisi psicologica di un racconto propagandistico
Dopo la vittoria contro la Roma impazza il web sulla Juventus che finalmente ritorna alle sue radici: vittoria cinica, senza rischiare, la massimizzazione di uno sforzo minimo. Un anno e mezzo dopo l’avventura alla ricerca di una nuova identità, una bella fetta degli juventini non aspettava altro che la risurrezione della Juve Cuore e Sudore, ossia in termini contemporanei, la mitica Juve Allegriana.
Il motivo di tale comportamento ve lo domandate in tanti, e qui, in modo molto umile, cercherò di chiarire questo curioso fenomeno culturale.
Il problema è abbastanza generico e diffuso anche in altri ambiti, e questa particolare manifestazione della juventinità è solo uno dei tanti fenomeni di questo tipo. A mio modo di vedere è un mescolarsi di tre ingredienti altamente pericolosi: nostalgia, consumismo, meta-narrazione.
Cominciamo dal più semplice: la meta-narrazione. La visione tipica della Juventus e dei suoi calciatori è di una squadra che vince grazie al cuore/sudore piuttosto che al talento. Ciò comporta un messaggio potente, portatore di grande speranza: ogni cosa è raggiungibile se lavori duramente, anche se non hai il talento, anche se non sei speciale. Un messaggio essenziale per gran parte del pubblico, una semplificazione grossolana della realtà, che porta ad una molto desiderata e necessaria pace mentale: niente è fuori portata, il sudore è l’unica cosa che conta! Un giocatore come Chiellini è decisamente e inconfondibilmente la rappresentazione di questo pensiero, del tutto lecito.
Continuiamo col fenomeno mondiale più diffuso sin dal 1800: il consumismo inestricabile dell'identità. Questa cosa tocca tutti, non solo il micro-mondo juventino. Il modo in cui costruiamo la nostra identità è in maggior parte sintetico, cioè quello che consumiamo: calcio, musica, cinema, letteratura ecc…
Il problema con questa parte della tifoseria (occorrenza non solo juventina, ma generica nello sport) è che la parte dell'identità che si appoggia al tifo è sproporzionata al resto, diventa quasi l’essenza. E questa parte vuol sentirsi gratificata spesso se non sempre. Nel mondo dello sport la cosa si traduce in vittorie numerose. Non si deve sperimentare, cambiare, rischiare, il metodo allegriano basta e avanza per ricevere questa gratificazione. Rischiare il minimo, raccogliere il massimo. Questa cosa porta a numerosi problemi, uno dei più importanti è la delegazione della propria identità e felicita ad una società sportiva, un'azienda. La chiamerei Identity as a service, con i tifosi più incalliti attaccati alla società come parassiti desiderosi non solo di un posto dove appartenere, ma uno che si distingue, che vince, che è meglio degli altri, cosi da poter estrarre più felicita possibile. Un gioco pericoloso, innanzitutto per la propria salute mentale. La soluzione? Diversificazione identitaria: trovatevi altri interessi oltre la Juventus!
La faccenda diventa più complessa se aggiungiamo uno dei sentimenti umani più forti: la nostalgia. Non è un caso se la maggior parte dei maggiori supporters della Juventus Allegriana, è abbastanza in là con l'età (non è una critica, tutti diventeremo vecchi prima o poi). Individui cresciuti con un certo tipo di calcio e propaganda calcistica, che si rivoltano aggressivamente contro ogni tipo di cambio. Si arriva ad un delirante patrimonio percepito: se la Juventus appartiene a loro, è stata costruita in parte da loro, e di conseguenza chi cerca di snaturare questa visione viene considerato nemico. La Juventus ha un'identità, che ormai è la loro, e se la cambi praticamente stai rubando la loro identità, stai attaccando i pilastri della loro realtà, della loro esistenza.
Come detto in precedenza, questo problema non è endemico alla juventinità, ma per qualche strana ragione occorre più spesso tra le fila juventine. La soluzione c’è e ve l’ho appena proposta: diversificate le vostre passioni e i vostri consumi, insomma fatte un detox dalla Juventus.
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