Questo era il pensiero di Paulo Dybala, lo scorso aprile. Intervista rilasciata a Style, mensile del Corriere della Sera. Un pensiero triste quello del nostro numero 10. In cuor suo aveva capito di essere stato scaricato dalla Juventus?
Premetto subito che sono il primo a essere felice ed orgoglioso del mercato fatto dalla Juve negli ultimi anni, mercato che ha evidenziato una crescita pazzesca, sotto ogni punto di vista. Una Juve più internazionale e potente, che anno dopo anno può ambire a comprare giocatori sempre più forti.
Ronaldo e de Ligt sono solo l’inizio.
Ma una riflessione mi sento di farla lo stesso. Devo. “Scaricare” un giocatore tanto amato dai tifosi, come può essere Paulo, e con una maglia così importante (e pesante), quanto è conveniente?
Cedere dei giocatori che vogliono restare, che sentono di poter dare ancora tanto con la nostra maglia, è giusto? Esistono controindicazioni? Mi chiedo, c’è un rischio?
Proverò a rispondere a queste domande, mettendomi nei panni dei diversi protagonisti.
Da dirigente, potrei dire che queste operazioni il più delle volte portano a un miglioramento tecnico in rosa. Vedi Higuain con Ronaldo. Volendo anche Nainggolan con Zaniolo. Ecco. Da un punto di vista tecnico, sorvolerei. Effettivamente i dirigenti seguono la logica. La razionalità.
Parlando dello scambio Dybala-Lukaku, parliamo ancora di un affare prettamente tecnico? Oppure è più un discorso economico?
Si è dibattuto tanto in questi mesi, su Dybala, sul suo valore e sulle aspettative della dirigenza; si è parlato anche del bilancio e del “peso” di Ronaldo, degli esuberi, e di tanto altro. È difficile capire quale sia la reale motivazione per cui la Juve accetterà questo scambio. Qual è la verità?
Io penso semplicemente che la verità stia nel mezzo. È un incontro tra necessità, esigenze e occasioni. Il dirigente è, tra le tante cose, anche un amministratore, un “calcolatore”. Non può e non deve fare il tifoso. Bisogna prenderne atto. Agisce sempre in funzione di un guadagno. Economico o sportivo che sia. Un ottimo dirigente vuole ottenere entrambi.
Da tifoso è naturale che il discorso cambi. Viviamo in primis di sentimenti. D’amore. Letteralmente. Siamo innamorati pazzi della nostra squadra… e la nostra squadra è fatta da 11 giocatori. Da bambini (quelli della mia generazione almeno) imitavamo Baggio, Del Piero, Zidane. Sognavamo di diventare come loro.
Vi faccio una domanda. Se non ci fosse stata Calciopoli e Moggi avesse deciso di “scaricare” Del Piero per puntare tutto su Ibrahimovic, come l’avremmo presa? Ditemelo voi.
I tempi sono cambiati. Verissimo. Si è rotto quel vecchio equilibrio tra aziendalismo e sentimentalismo. Diciamo così. E noi tifosi dobbiamo accettarlo. Farci i conti. Fa male però. Fa male (accidenti) e c’è il rischio di disinnamorarsi di questo gioco. Parlo per me.
Voglio fare un’ultima considerazione. Proverò a mettermi nei panni del calciatore ora. Se sapessi che tra due o tre anni al massimo sarò costretto a cambiare squadra, riuscirei a legarmi alla maglia? Alla storia del club? Riuscirei a dare sempre il 100%, anche nei momenti peggiori? Professionisti come Cristiano Ronaldo sono pochissimi.
Più volte quest’anno ho sentito dire “Molti giocatori non imparano nemmeno la lingua, si limitano all’inglese, perché sanno già che tanto sono solo di passaggio.”
Ecco. Di passaggio. La Roma forse ne è l’emblema. Attaccamento e rendimento vanno di pari passo.
È evidente, è chiaro, che le motivazioni di queste cessioni siano soprattutto di natura economica. Plusvalenze, Fair play finanziario, immagine e via dicendo.
Quattro numeri 10 per la Juve in questi 8 anni di scudetti. Prima Del Piero, poi Tèvez, Pogba e Dybala. 4 in 8 anni. Non può essere normale.
“La vita dei giocatori è come un ottovolante: un giorno sei il migliore, quello dopo sei inutile…”
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