Perchè Sarri alla Juve è una bella storia di sport
Dalla Sansovino a Cristiano Ronaldo
Lo ammetto: una buona parte di me in questa corsa lunga settimane ha sempre tenuto per Sarri.
Perchè non ci posso fare nulla: sono attratto dagli underdog.
Lo sono quando guardo una partita in cui non sono emotivamente coinvolto tifando sempre per il più debole, lo sono nella mia passione per le due squadre che vivo visceralmente da seguace degli sport americani: Nets e Jets.
Non me ne voglia Josep Guardiola, l'allenatore migliore del mondo. Uno che verrà ricordato affianco ai più grandi (se non come il più grande) allenatori di tutti i tempi. Un uomo che ha saputo, oltre che vincere, rivoluzionare la cultura calcistica e i campionati in cui ha allenato. Con lui la Juventus sarebbe entrata in una dimensione differente, in un modo diverso di approcciarsi alla materia calcio su vari settori. Da quello strutturale al calcio giovanile fino alle scelte di mercato.
Maurizio Sarri alla Juventus però è una storia di assoluto fascino: l'allenatore che più di tutti ci ha fatto soffrire in questi anni in campionato, il tabagista dai modi scorbutici, la nemesi di Massimiliano Allegri. Ma soprattutto una carriera particolarissima.
Nel mondo del calcio diventare allenatori non passando dal campo alla panchina è durissima, arrivarci ed imporsi ad altissimi livelli lo è ancora di più.
Lo stesso Guardiola, ribadisco il più bravo di tutti, ha saputo vendersi per ottenere la panchina del Barcellona presentandosi in sede nella primavera del 2008 con la credibilità ottenuta sia da allenatore del Barcellona B ma soprattutto per gli 11 anni di padronanza del centrocampo della squadra blaugrana da calciatore.
Sarri arriva in Serie A, con l'Empoli, dopo aver allenenato Stia, Faellese, Cavriglia, Antella, Valdema, Tegoleto, Sansovino (vincendo una Coppa Italia Dilettanti), Sangiovannese, Pescara, Arezzo, Avellino, Verona, Perugia, Grosseto, Alessandria e Sorrento.
Inizia a svolgere la professione a 31 anni dividendosi tra un importante lavoro di direzione in un istitituto di credito e l'attività di allenatore-giocatore. Si fa un nome nelle categorie più basse con la fama di essere "mister 33", soprannome datogli da Fabrizio Ferrari ai tempi della Sansovino, per la maniacalità e il numero impressionante di schemi utilizzati da palla inattiva. "E' solito chiamare con i numeri quelli che intende applicare sui corner e, con i nomi di persona, quelli da utilizzare nelle punizioni indirette. Una volta, nel corso di una partita, Sarri chiamò uno schema e l'allenatore avversario, sentendo urlare il nome di una persona (Loris, ndr), pensava si riferisse ad un calciatore in campo e così indico alla sua squadra di marcarlo. Peccato che, sul terreno di gioco, non ci fosse nessun giocatore con quel nome, ma era semplicemente il nome in codice di uno schema". Ovviamente lo schema "Loris" portò in rete la squadra allenata da Sarri.
Arrivato in Serie D decide di abbandonare la sicurezza di un posto in banca e di prendere definitivamente la strada del calcio con l'aspirazione di arrivare, pur con tutte le difficoltà, nel mondo dei professionisti più affermati.
Dopo una salvezza ottenuta ad Empoli con giornate d'anticipo e prestazioni super tra cui una vittoria proprio contro il Napoli per 4-2, ricordo perfettamente la reazione della piazza napoletana, frastornata dall'addio di Benitez, all'arrivo di Sarri. Ricordo le parole di Diego Armando Maradona dopo le prime due partite, eravamo nel Settembre 2015: "Non c'è gioco, così non si arriva neanche a metà classifica, Sarri non è un allenatore vincente".
Sarri rispose a suo modo: "Maradona può dire quel cazzo che vuole. Diego è un idolo, sono andato a vederlo in un ritiro per scrutarlo in allenamento. Già il fatto che mi conosce, mi onora. Spero solo di fargli cambiare idea nei prossimi mesi."
Esperimento riuscito: Maurizio Sarri è stato uno degli allenatori più amati dalla piazza napoletana. L'unico ad andare davvero ad un passo da uno scudetto che nella città partenopea manca dal 1990.
Dal rapporto conflittuale con De Laurentiis, che in questa stagione sportiva con Ancelotti ha ottenuto meno rispetto a quanto preventivava, alla Premier League nell'anno del suo splendore. Un'ottima partenza, un'invernata molto complessa (dovuto ad uno degli spogliatoi più difficili d'Europa) e un finale in crescendo con la conquista dell'Europa League.
Non voglio essere retorico, non è mia intenzione: ma passare dalla stabilità di un lavoro in banca al calcio dilettantistico, dalla Faellese a Gonzalo Higuain e Eden Hazard e ora essere l'allenatore di Cristiano Ronaldo è anzitutto una bella storia di sport.
Che parla di sacrifici, di gavetta, sudore, lavoro (tanto lavoro), maniacalità ma soprattutto una passione per il gioco che dovrebbe essere più apprezzata da parte di chi quotidianamente ci racconta le gesta di grandi atleti e grandi allenatori.
Perchè Maurizio Sarri non sarà gentile nei modi, sarà goffo, impacciato anche nel sollevare una coppa (come ha fatto nel cielo di Baku pochi giorni fa, primo italiano a sollevare l'Europa League da quando questa competizione ha cambiato format dall'antica Coppa Uefa). Ma in un paese dalla cultura sportiva avanzata la storia di questo allenatore viene presa da esempio positivo e meritocratico per tutti coloro che vogliono avvicinarsi al calcio. Non sbeffeggiata con degli stupidi clichè classisti e superficiali.
Umanamente non riesco a non essere contento per Maurizio Sarri, che allenerà la sua prima grandissima squadra in carriera. Squadra che partirà favorita per il campionato anche il prossimo anno e che giocherà per essere protagonista assoluta anche in Champions League.
Non riesco a non essere contento anche per la Juventus, che ha dimostrato di saper prendere una scelta forte, di rottura. Negli anni mi è sempre passato in testa il sogno di avere un allenatore straniero, uno che non c'entrasse nulla con la nostra storia.
Sarri non è straniero, è italianissimo. Anche nel modo di approcciarsi e vivere la competizione sportiva. Ma sotto l'aspetto meramente calcistico rappresenta già un primo segnale di cambiamento che auspicavo, per una squadra e una società che finalmente palesa la sua voglia di imporre il proprio gioco attraverso la forza delle idee e una massiccia dose di lavoro quotidiano.
Io capisco gli scettici: Sarri compirà a Gennaio 61 anni, non è un ragazzino. Ma nelle idee è molto più giovane lui di tanti 40-50enni che invece parlano di un calcio che ormai è già il passato. Basti vedere quello che i top team europei vanno a ricercare quando assumono un nuovo allenatore.
Maurizio Sarri è un primo passo che potrebbe aprire a scenari importanti anche per il futuro. Perchè nel caso in cui quel Josep Guardiola a cui facevamo riferimento prima dovesse bussare di nuovo alla porta tra 2-3 anni, troverebbe sicuramente una casa accogliente e tenuta bene in ordine da Mister 33, un ottimo allenatore, un'ottima scelta.
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